
Varese – In un futuro non troppo lontano, ci potrebbe capitare di incontrare persone che tra gli intricati meandri della loro materia grigia nascondono componenti artificiali perfettamente integrate, che le rendono capaci di azioni oggi impensabili, come diventare esperti di qualsiasi argomento in tempi brevissimi.
Sulla prestigiosa rivista Nature Nanotechnology è stato pubblicato un articolo nel quale si descrive un esperimento in cui ricercatori italiani e svizzeri, tra cui Michele Giugliano, prima al Laboratorio di Neural Microcircuitry dell'Ecole Polytechnique Federale di Losanna, Svizzera, oggi all'Università di Anversa, Laura Ballerini e Maurizio Prato, dell'Università di Trieste presso il centro BRAIN, hanno "collegato" ai neuroni nanotubi di carbonio e in questo modo hanno aumentato la capacità dei neuroni di reagire agli impulsi.
I nanotubi di carbonio hanno capacità di condurre elettricità e i neurologi hanno dimostrato che questi materiali possono formare giunzioni con le membrane dei neuroni, un po' come quelle naturali tra cellule; questo permette di creare collegamenti neurali artificiali e vere e proprie 'scorciatoie' per il passaggio del segnale nervoso, in grado di aumentare l'eccitabilità neurale, rendendolo possibili ponti neurali che bypassino traumi o lesioni e interfaccia cervello-computer per neuroprotesi.
La fitta foresta di neuroni che compone il nostro sistema nervoso è organizzata in modo tale che ciascun neurone prenda contatti con quelli limitrofi attraverso ramificazioni cellulari molto intricate; questo permette di instaurare una comunicazione tra neuroni e tra aree neurali anche distanti tra loro.
La comunicazione sfrutta i segnali elettrici: quando la membrana di un neurone si eccita in risposta a un messaggero chimico esterno – neurotrasmettitore - inviato da altri neuroni, il treno di impulsi elettrici si propaga come un'onda da un'estremità all'altra del corpo del neurone fino alla punta dell’assone, il braccio principale del neurone, e induce il rilascio di nuovi messaggeri chimici che vanno a eccitare la membrana di altri neuroni. In questo modo l'impulso elettrico viaggia nel cervello.
In caso di lesioni, tuttavia, per esempio a seguito di un ictus o di un trauma, il "viaggio" del messaggio neurale può trovare dei "binari morti" e fermarsi. I nanotubi di carbonio potrebbero essere usati per ripristinare la linea neurale e bypassare zone lesionate; potrebbero accorciare i collegamenti e quindi accelerare il viaggio dell'impulso elettrico, potenziandone l'effetto. Non solo, anche le interfaccia macchina-cervello, cui oggi sono rivolti gli occhi di tanti che, vittime di lesioni, non possono più comandare i propri muscoli, potrebbero essere costruite utilizzando i nanotubi sull'ultimo tratto di collegamento al cervello, piuttosto che i classici elettrodi in metallo usati oggi; infatti, il nanotubo in carbonio si adatterebbe molto meglio a questo compito, in quanto si dimostra più capace di connettersi e formare giunzioni più "naturali" con la membrana del neurone.
gli autori nell'articolo spiegano: "i risultati riportati nel nostro lavoro indicano che i nanotubi potrebbero influenzare l'elaborazione neurale dell'informazione". Chissà, magari in futuro saremo tutti un po’ “bionici”.