lunedì 16 marzo 2009


Varese – Da un po’ di anni a questa parte, per le balene il rischio maggiormente grande che corrono non è più solo quello di venire catturate da una baleniera con la scusa della ricerca scientifica, bensì di rimanere arenate su qualche spiaggia.

Sull’isola-stato della Tasmania , a sud dell’Australia, la sera di domenica primo marzo si sono piaggiate circa 200 piccole balene del genere ''globicefalo'' – cetacei che raggiungono i 5/6 metri di lunghezza per 2 tonnellate di peso -, delle quali soltanto quindici sono state riportate al largo. Altre 130 balene erano già morte a mezzogiorno dopo essersi arenate sulle coste dell'isola.

In gennaio erano morti 48 capodogli e in novembre 150 balene pilota; con quello di domenica siamo arrivati al quarto spiaggiamento di massa in Tasmania, per un totale in tre mesi di 400 cetacei.

Le cause che determinano lo spiaggiamento di animali vivi sono al centro di un dibattito aperto che dura ininterrottamente ormai da molti decenni; negli ultimi anni si è cominciato a pensare che dietro questo fenomeno ci siano gli impulsi sonori utilizzati dai radar delle navi militari, o l’inquinamento marino.

Dobbiamo assolutamente scoprire cosa spinge i cetacei a un “suicidio di massa”, in modo che anche i nostri figli e nipoti possano vedere questi splendidi animali nel loro habitat naturale e non solo sui libri di storia.

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