mercoledì 24 dicembre 2008


Varese – In un futuro non troppo lontano, ci potrebbe capitare di incontrare persone che tra gli intricati meandri della loro materia grigia nascondono componenti artificiali perfettamente integrate, che le rendono capaci di azioni oggi impensabili, come diventare esperti di qualsiasi argomento in tempi brevissimi.

Sulla prestigiosa rivista Nature Nanotechnology è stato pubblicato un articolo nel quale si descrive un esperimento in cui ricercatori italiani e svizzeri, tra cui Michele Giugliano, prima al Laboratorio di Neural Microcircuitry dell'Ecole Polytechnique Federale di Losanna, Svizzera, oggi all'Università di Anversa, Laura Ballerini e Maurizio Prato, dell'Università di Trieste presso il centro BRAIN, hanno "collegato" ai neuroni nanotubi di carbonio e in questo modo hanno aumentato la capacità dei neuroni di reagire agli impulsi.

I nanotubi di carbonio hanno capacità di condurre elettricità e i neurologi hanno dimostrato che questi materiali possono formare giunzioni con le membrane dei neuroni, un po' come quelle naturali tra cellule; questo permette di creare collegamenti neurali artificiali e vere e proprie 'scorciatoie' per il passaggio del segnale nervoso, in grado di aumentare l'eccitabilità neurale, rendendolo possibili ponti neurali che bypassino traumi o lesioni e interfaccia cervello-computer per neuroprotesi.

La fitta foresta di neuroni che compone il nostro sistema nervoso è organizzata in modo tale che ciascun neurone prenda contatti con quelli limitrofi attraverso ramificazioni cellulari molto intricate; questo permette di instaurare una comunicazione tra neuroni e tra aree neurali anche distanti tra loro.
La comunicazione sfrutta i segnali elettrici: quando la membrana di un neurone si eccita in risposta a un messaggero chimico esterno – neurotrasmettitore - inviato da altri neuroni, il treno di impulsi elettrici si propaga come un'onda da un'estremità all'altra del corpo del neurone fino alla punta dell’assone, il braccio principale del neurone, e induce il rilascio di nuovi messaggeri chimici che vanno a eccitare la membrana di altri neuroni. In questo modo l'impulso elettrico viaggia nel cervello.

In caso di lesioni, tuttavia, per esempio a seguito di un ictus o di un trauma, il "viaggio" del messaggio neurale può trovare dei "binari morti" e fermarsi. I nanotubi di carbonio potrebbero essere usati per ripristinare la linea neurale e bypassare zone lesionate; potrebbero accorciare i collegamenti e quindi accelerare il viaggio dell'impulso elettrico, potenziandone l'effetto. Non solo, anche le interfaccia macchina-cervello, cui oggi sono rivolti gli occhi di tanti che, vittime di lesioni, non possono più comandare i propri muscoli, potrebbero essere costruite utilizzando i nanotubi sull'ultimo tratto di collegamento al cervello, piuttosto che i classici elettrodi in metallo usati oggi; infatti, il nanotubo in carbonio si adatterebbe molto meglio a questo compito, in quanto si dimostra più capace di connettersi e formare giunzioni più "naturali" con la membrana del neurone.

gli autori nell'articolo spiegano: "i risultati riportati nel nostro lavoro indicano che i nanotubi potrebbero influenzare l'elaborazione neurale dell'informazione". Chissà, magari in futuro saremo tutti un po’ “bionici”.

Varese – L’esperimento del CERN di Ginevra, quello che per alcuni avrebbe potuto condurre alla fine del mondo, si è dovuto interrompere a causa di un guasto tecnico.

Il Large Hadron Collider (LHC), il potente macchinario lungo 27 Km capace di far scontrare al suo interno particelle atomiche e subatomiche alla caccia del celeberrimo Bosone di Higgs per capire cosa è successo subito dopo il Big Bang, si è inceppato.

Il CERN che, da qualche giorno, ha messo in rete sul proprio sito alcune immagini fotografiche e dei video delle operazioni di riparazione in corso, oltre alcune foto del punto in cui è avvenuto il guasto e gli effetti che ne sono conseguiti, sta tentando di risolvere al più presto il problema, con la speranza che nel 2009 il Large Hadron Collider possa ripartire e lavorare a energie di 5 Tev (1 Tev = 10^12 elettronvolt) e quindi ancora proseguire, fino a raggiungere 7 Tev.

A questo punto non ci resta che stare a vedere e sperare che tutto proceda per il giusto verso.

Varese - L' incapacità dell'organismo di mantenere il glucosio del sangue al di sotto di una certo valore è detto diabete mellito. Il diabete mellito di tipo 2 è caratterizzato da un duplice difetto che è responsabile dell'aumento della glicemia nel sangue: da una parte l'insulino-resistenza, dall'altra il deficit di secrezione di insulina.

Una ricerca internazionale, condotta congiuntamente dall’Imperial College di Londra, dai francesi CNRS e dell’Università di Lille, dalla canadese McGill University e dal danese Steno Diabetes Centre) ha dimostrato che la presenza di una mutazione denominata rs1387153 nei pressi del gene MTNR1B è associata a un aumento del livello medio di glucosio nel sangue e a un aumento del 20% del rischio di insorgenza di diabete 2. Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Genetics.

Il gene MTNR1B è coinvolto nella pathway molecolare della melatonina, ormone che regola il ritmo circadiano – il ciclo sonno-veglia.

Il medico e ricercatore in endocrinologia, biologia molecolare e genetica dell’Imperial College Philippe Froguel afferma: “la scoperta sottolinea un link tra il diabete e un difetto strutturale nel meccanismo che regola l’orologio biologico. Ora la strada per una identificazione precoce degli individui a rischio genetico è aperta, così da poter intervenire con strategie comportamentali e farmaci prima che la patologia si sviluppi”.

mercoledì 10 dicembre 2008


Varese – La sindrome di Down, conosciuta anche come trisomia 21 , a causa di una copia in più di questo cromosoma, tra qualche anno potrebbe essere curata direttamente nel grembo materno.

Un esperimento condotto sui topi mostra la possibilità di contrastare, almeno in parte, gli effetti della sindrome di Down ancora prima della nascita, infatti un gruppo di ricercatori americani del National Institute of Health di Bethesda, come si legge su ’New Scientist’, ha scoperto che la sindrome inibisce lo sviluppo nelle cellule nervose di due proteine chiave, Nap e Sal, le quali rappresentano la causa di alterazioni nello sviluppo mentale.

I ricercatori americani hanno iniettato le proteine chiave in alcune cavie incinte di topolini Down e hanno notato che i piccoli sono nati senza presentare i problemi legati alla sindrome. Gli esperti dicono che non è detto che i risultati molto incoraggianti ottenuti sui topi siano replicabili sul uomo, ciò nonostante è lecito sperare.

In genere i bimbi Down soffrono di una gran varietà di problemi cardiaci e dello sviluppo e di difficoltà di apprendimento di vario grado.

Nello studio, pubblicato su ’Obstetrics and Gynaecology’, si è visto che i piccoli di topo, una volta nati, avevano uno sviluppo analogo a quello dei coetanei; inoltre il cervello dei topolini trattati mostrava livelli normali di una proteina che è sottoprodotta negli animali Down. Ora i ricercatori stanno seguendo gli esemplari curati già nella pancia della mamma, per vedere se gli effetti positivi sono temporanei o permanenti.

Varese - Uno studio condotto da David Sinclair della Harvard Medical School di Boston afferma che alla base del processo d’invecchiamento ci sono dei meccanismi genetici; è stata scoperta, infatti una proteina che potrebbe essere in grado di allungare la vita umana.

La ricerca effettuata sui topi dimostra che potenziando la produzione della molecola, 'sirt1', la vita dei topolini si estende dal 24 al 46% - in termini umani vorrebbe dire guadagnare quasi una trentina d’anni.

Si tratta di una molecola a guardia dell'assetto dei geni attivi nelle cellule giovani: con gli anni, questo modello di attività genica va in crisi e noi invecchiamo.

domenica 23 novembre 2008


Varese – Venerdì 14 novembre è stato lanciata da Cape Canaveral la navicella Endeavour per la ristrutturazione della stazione spaziale internazionale Iss; lo shuttle aveva il compito di portare due vani letto, il primo refrigeratore della Stazione, attrezzature per l'attività fisica e, ultimo ma non meno importante visto il previsto allargamento dell'equipaggio da tre a sei, un secondo bagno.

Tuttavia, il problema più serio è rappresentato dalla riserva di acqua, che finora era garantita dall’azione degli Shuttle; ma, con l'aumento del personale e il vicino pensionamento delle navette spaziali (previsto per il 2010), bisogna assicurare agli astronauti un altro sistema per poter avere sempre l'acqua a disposizione senza interruzioni di alcun genere.

"Non possiamo portare l'acqua in continuazione per un equipaggio di sei persone", ha detto Ron Spencer, responsabile dei voli alla stazione spaziale della Nasa. "Riciclare è indispensabile"

Proprio per questa ragione, l'Endeavour sta portando alla Iss anche una costosa attrezzatura (la sua realizzazione ha richiesto 250 milioni di dollari) che servirà per ottenere l'acqua ricavandola dall'umidità e dall'urina degli astronauti stessi: l’obiettivo finale di questo macchinario è quello di riciclare il 92% dei liquidi per produrre fino a 23 litri d'acqua al giorno.

Stando ai test effettuati sulla Terra, l'acqua ricavata dall'urina è persino più pura di quella che si trova allo stato naturale ed è buona; solo qualcuno ha notato un leggero retrogusto di iodio, peraltro non fastidioso.

I progettisti danno infinite rassicurazioni sul perfetto funzionamento dello strumento, comunque l'apparecchiatura non entrerà subito in funzione: prima bisognerà accertarsi che ogni cosa vada per il verso giusto anche in un ambiente a gravità zero.

Non sarebbe affatto bello prendere un bicchiere d’acqua, portarselo alle labbra e scoprire di stare bevendo “pipì”!

giovedì 13 novembre 2008


Varese – Lunedì 10 ottobre, si è svolto all’Istituto superiore di sanità di Roma (Viale Regina Elena, 299) il Convegno “Le 24 ore del paziente parkinsoniano tra difficoltà e compenso funzionale”, organizzato dall’Associazione Azione Parkinson con il patrocinio del Consiglio nazionale delle ricerche, in cui si è discusso di quella terribile piaga che è il morbo di Parkinson e dei disagi che esso comporta.

Le informazioni divulgate al convegno sono a dir poco scioccanti. Aumenta il numero di persone coinvolte e diminuisce l’età di esordio della malattia: un malato su 4 ha meno di 50 anni e peggiora la percezione della qualità della vita; il 75% dei malati gestisce la propria esistenza in relazione alla terapia da seguire, più della metà ha problemi a lavarsi e vestirsi e quasi il 50% ha difficoltà a parlare e a organizzarsi autonomamente.

Stefano Ruggieri, professore di neurologia all’università La Sapienza di Roma, asserisce: “Diversi studi dimostrano che i fattori di maggiore impatto sulla qualità della vita dei pazienti sono costituiti dalla depressione e dalla mancanza di autonomia dovuta alla malattia, e in parte alla terapia quando non riesce a raggiungere un miglioramento stabile, privo di effetti collaterali motori come le discinesie - movimenti involontari”, quindi l’obiettivo da raggiungere è quello di migliorare la qualità della vita di queste persone usando anche metodologie non farmacologiche: una soluzione, seppur parziale, potrebbe essere individuata nella domotica.

La Domotica è quella disciplina che mira a rendere più autonoma possibile la vita domestica degli individui con handicap di qualsiasi tipo ad esempio riconoscimento vocale utilizzato per spegnere o accendere elettrodomestici.

Francesca De Pandis, primario dell’Istituto S. Raffaele di Cassino, ha spiegato come “al paziente parkinsoniano oggi la domotica offre una concreta possibilità di migliorare la sua autonomia. Le attuali tecnologie di comunicazione e di tecniche avanzate per lo studio delle abilità motorie, in un progetto multidisciplinare (medici, bioingegneri, informatici, elettronici, terapisti occupazionali) possono tentare di superare tutte – o quasi tutte - le barriere”.

Il progetto presentato durante il corso del Convegno prevede un corretto monitoraggio delle condizioni cliniche, la corretta terapia e l’assistenza programmata e in urgenza a circa 50 pazienti affetti da malattia di Parkinson, infatti, come spiega Francesca De Pandis, “Pazienti affetti da Parkinson, soprattutto nelle fasi più avanzate, hanno bisogno di un monitoraggio delle condizioni motorie e cognitivo-comportamentali tali da richiedere frequenti verifiche ambulatoriali o in regime di ricovero”. Il sistema prevede uno o più server presso il reparto specialistico e telecamere a casa del paziente, il tutto collegato su linea ADSL a mezzo rete web. Il sistema è poi dotato di telesoccorso: l’utente/ paziente dispone di una piccola trasmittente con tre pulsanti diversamente colorati, alimentato solo dalla rete elettrica e alloggiabile in qualsiasi punto della casa.

Inoltre è previsto un dispenser automatico di compresse; la dottoressa De Pandis spiega: “Si tratta di un contenitore con all’interno 7 dispenser, uno per ogni giorno della settimana e tutti con un orario interno preprogrammato. Ogni comparto è associato ad un orario ed è governato da un microcontrollore che gestisce i tempi di apertura, l’accessibilità al prelievo delle compresse e gli avvisi ottici, acustici e vibratili. I dispenser presentano sei comparti, ciascuno in grado di contenere un massimo di quattro compresse con un led che lampeggerà simultaneamente all’avviso acustico e vibratile. Ogni comparto del dispenser sarà controllato da un led e solamente il comparto corrispondente al led lampeggiante, potrà essere aperto per il prelievo delle compresse”.

arlo Cannella professore di Scienza dell'Alimentazione dell‘università La Sapienza di Roma, sostiene: “Anche se i dati non sono univoci, l’assunzione di antiossidanti con l’alimentazione (in particolare vitamina E) sembra avere un ruolo protettivo nei confronti dell’insorgenza del morbo di Parkinson, forse anche nel consentire di ritardare di alcuni anni il ricorso alla somministrazione di levodopa. Come pure la riduzione calorica si è dimostrata efficace nel rallentare il deterioramento dei neuroni. Alcuni dati epidemiologici confermano, infatti, che individui con uno stile di vita caratterizzato da un’alimentazione parca, sia in termini calorici che di grassi, ed un elevato livello di attività fisica abbia un rischio ridotto di comparsa del morbo di Parkinson”.

I dati epidemiologici vedono un’elevata prevalenza del morbo di Parkinson in Europa ed Americhe ed una bassa prevalenza nelle regioni subsahariane e nelle popolazioni rurali cinesi e giapponesi. Ciò suggerisce un ruolo protettivo di modelli alimentari basati su un elevato apporto di prodotti d’origine vegetale e una riduzione dell’apporto di acidi grassi saturi d’origine animale, di colesterolo e dell’introito energetico complessivo.

Varese - Le cellule staminali sono quelle che possono dare origine a diversi tipi cellulari (dalle cellule somatiche ai neuroni) e si dividono in staminali embrionali e staminali da adulti; le prime sono totipotenti, ossia in grado di differenziarsi in qualsiasi tessuto, mentre le seconde sono pluripotenti (originano molti tipi cellulari, ma non tutti), o multipotenti (un po’ meno di pluripotenti).

Durante l’estrazione delle cellule staminali dall’embrione, questo corpuscolo viene distrutto, e questo provoca le continue proteste degli enti religiosi e di chi sostiene che l’embrione sia da considerarsi un individuo, quindi avente dei diritti.

Una ricerca, condotta dall'Istituto Telethon di Napoli, e pubblicata sulla prestigiosa rivista Stem Cell, ha scoperto un nuovo meccanismo per riprogrammare le cellule adulte e renderle simili a quelle staminali embrionali: la chiave sta nella proteina denominata Wnt.

Lo studio ha riguardato diversi tipi di cellule adulte e si è osservato che esse, fuse con quelle staminali embrionali in presenza della proteina Wnt, hanno perso le loro caratteristiche diventando cellule pluripotenti.

Questo non risolve i problemi etici derivati dall’utilizzo delle cellule staminali embrionali, in quanto questi piccoli ammassi di cellule vengono comunque distrutti, ma dimostra che la ricerca sulle staminali può portare a risultati molto positivi, e che anzi è auspicabile un incremento degli sforzi in questo senso.

sabato 1 novembre 2008


Varese – Il IV rapporto annuale “Bambini e telefoni cellulari: il nuovo cordone ombelicale”, curato dall’Università degli Studi La Sapienza di Roma e dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e promosso dall’Osservatorio Sull’immagine Dei Minori, fondato nel 2004 dal marchio di moda per bambini Pinco Pallino rivela dei dati alquanto inquietanti sul rapporto tra bambini, genitori e telefonini cellulari.

Papà e mamma regalano il primo telefonino ai figli a 8 anni, e a 12 anni i giovanissimi sono ormai arrivati al terzo modello di cellulare; in un terzo dei casi il regalo è accettato controvoglia dai piccoli, ma i genitori quasi glielo impongono, tanto che gli psicologi parlano di epidemia del nuovo millennio. Un'epidemia che contagia le famiglie e in particolare le madri: il telemothering o teleparantage, ossia la tendenza a voler controllare i figli 24 ore su 24, fin dalla scuola elementare.

I curatori dello studio affermano che il 90% dei bambini di terza media possiede già il telefonino, non tanto per la voglia di essere alla moda, quanto per un’esplicita esigenza dei genitori, che, in questo modo, cullano l’illusione di poter meglio controllare o gestire i figli: una sorta di cordone ombelicale tecnologico che si impone spesso come condizione per le prime concessioni di autonomia, come ad esempio le prime uscite o la prima gita scolastica.

Oltretutto, niente è più pericoloso di un cellulare in mano a un bambino, soprattutto perché i genitori “moderni” non si limitano a regalarne uno con funzioni di base, ma capita spesso che ragazzini di 12 anni si ritrovino già in possesso dell'ultimo ritrovato tecnologico disponibile sul mercato; succede così che i più piccoli (spesso molto più esperti dei genitori in fatto di tecnologie) possono connettersi a internet e imbattersi in contenuti pericolosi, o anche essere adescati da adulti che chiedono incontri, foto pornografiche, o prestazioni sessuali in cambio di ricariche telefoniche, senza contare poi i pericoli che potrebbero derivare dall’esposizione alle onde elettromagnetiche a partire da un’età così giovane.

Secondo i risultati delle due ricerche commissionate dall’Osservatorio (quella della Sapienza focalizzata su bambini di seconda, quarta e quinta elementare e di prima e terza media e quella della Cattolica di Milano concentrata invece sugli adolescenti al secondo e al quarto anno delle scuole superiori), è il rapporto tra genitori e cellulare del figlio a essere spesso malato.

Anna Maria Ajello, ordinario di Psicologia dell'educazione a La Sapienza, riferisce: “Il 32% dei bimbi delle scuole elementari e medie che abbiamo intervistato ritiene che alla sua età il telefonino non sia utile questo dimostra quanto l'uso del cellulare nei più piccoli sia in prevalenza indotto dai genitori. Mamma e papà tendono così a considerarsi i referenti assoluti dell'educazione dei propri figli anche se, come in gita scolastica, sono accompagnati da altri adulti”.

Pier Cesare Rivoltella, professore ordinario di Tecnologie dell'istruzione e dell'apprendimento, spiega che tra gli adolescenti cala la percentuale di chi ritiene il cellulare un impiccio, anzi, per la maggior parte asseriscono: “non averlo sarebbe un dramma, inoltre il professor Rivoltella sottolinea che negli adolescenti il cellulare rappresenta un importante strumento per l’interazione sociale e la pianificazione del tempo libero oltre che un moderno diario per archiviare pensieri, messaggi, foto e video. Rivoltella aggiunge però che il cellulare, soprattutto quando i figli sono ormai vicini all’adolescenza, è anche un’arma a doppio taglio per l’ansia dei genitori, poiché col telefonino in tasca i giovani si sentono paradossalmente più liberi, per esempio di fare tardi la sera.

Sempre dalla ricerca emerge che solo nel 20% dei casi i ragazzi pagano di tasca propria, o meglio con la paghetta dei genitori, la ricarica; un’abitudine, precisa Anna Maria Ajello, che certo non aiuta a responsabilizzare i giovani e che conferma l'effetto ansiolitico dei telefonini sui genitori.

A questo punto una riflessione sorge spontanea: è vero che il telefono cellulare è molto utile e a volte può addirittura salvare la vita, però questo strumento tecnologico non deve assumere più importanza di quella che ha realmente; infondo se non ci fosse chi lo usa, il telefonino non avrebbe nessun motivo di esistere.
Varese - Una ricerca dell'Istituto di BioFisica del Cnr di Pisa, pubblicata sulla rivista Febs Letters, ha conseguito una scoperta che potenzialmente potrebbe migliorare le sorti di migliaia di persone.

Il Centro nazionale di ricerca ha mostrato che l'Iperico, ossia un prodotto officinale tratto da una pianta, potrebbe riuscire a bloccare la formazione delle placche che intasano le cellule nervose, tipiche del morbo di Alzheimer nelle fasi precoci della malattia.

Il morbo di Alzheimer è una demenza progressiva invalidante ad esordio prevalentemente senile (oltre i 60 anni, ma può manifestarsi anche in epoca presenile) e prognosi infausta. La malattia si manifesta inizialmente come demenza caratterizzata da amnesia progressiva e altri deficit cognitivi; il deficit di memoria è prima circoscritto a sporadici episodi nella vita quotidiana e della memoria prospettica (che riguarda l'organizzazione del futuro prossimo, come ricordarsi di andare a un appuntamento); poi mano a mano il deficit aumenta. Ai deficit cognitivi si aggiungono infine ulteriori complicanze che portano a una compromissione insanabile della salute. Una persona colpita dal morbo può vivere anche una decina di anni dopo la diagnosi conclamata di malattia.

Finora l’Ipertrico è stato utilizzato contro la depressione e l'ansia, ma ora si e' visto che riesce a bloccare la formazione delle placche che distruggono le cellule nervose, prolungando così il tempo concesso da “madre natura” a chi scopre di essere affetto da questa terribile malattia degenerativa che è l’Alzheimer.
Varese - Una ricerca dell'Istituto di BioFisica del Cnr di Pisa, pubblicata sulla rivista Febs Letters, ha conseguito una scoperta che potenzialmente potrebbe migliorare le sorti di migliaia di persone.

Il Centro nazionale di ricerca ha mostrato che l'Iperico, ossia un prodotto officinale tratto da una pianta, potrebbe riuscire a bloccare la formazione delle placche che intasano le cellule nervose, tipiche del morbo di Alzheimer nelle fasi precoci della malattia.

Il morbo di Alzheimer è una demenza progressiva invalidante ad esordio prevalentemente senile (oltre i 60 anni, ma può manifestarsi anche in epoca presenile) e prognosi infausta. La malattia si manifesta inizialmente come demenza caratterizzata da amnesia progressiva e altri deficit cognitivi; il deficit di memoria è prima circoscritto a sporadici episodi nella vita quotidiana e della memoria prospettica (che riguarda l'organizzazione del futuro prossimo, come ricordarsi di andare a un appuntamento); poi mano a mano il deficit aumenta. Ai deficit cognitivi si aggiungono infine ulteriori complicanze che portano a una compromissione insanabile della salute. Una persona colpita dal morbo può vivere anche una decina di anni dopo la diagnosi conclamata di malattia.

Finora l’Ipertrico è stato utilizzato contro la depressione e l'ansia, ma ora si e' visto che riesce a bloccare la formazione delle placche che distruggono le cellule nervose, prolungando così il tempo concesso da “madre natura” a chi scopre di essere affetto da questa terribile malattia degenerativa che è l’Alzheimer.

giovedì 23 ottobre 2008

Varese - L’agenzia spaziale americana viene spesso criticata da esponenti politici e anche dai cittadini per i suoi costi elevatissimi e perché le sue scoperte non mirano sempre al benessere dell’umanità.

La NASA (National Aeronautics and Space Administration)ha fatto una scoperta abbastanza “insolita”: secondo quanto testimoniato dagli astronauti al servizio dell’agenzia, lo spazio avrebbe un insolito profumo che richiamerebbe alla mente l’odore delle saldature mischiato a quello delle bistecche fritte; il profumo, proprio come avviene all’interno dell’atmosfera terrestre, avrebbe impregnato le tute degli astronauti impegnati nelle diverse passeggiate al di fuori della Iss (International space station).

Uno dei responsabili dell'Omega Ingredients, società inglese specializzata nel campo delle fragranze, Steve Pearce ha spiegato: "Quando gli astronauti sono rientrati nella navicella si sono tolti i caschi e hanno registrato una fragranza particolare abbiamo raccolto le loro testimonianze e iniziato a lavorare seguendo le loro indicazioni"; tuttavia sintetizzare in laboratorio una sensazione olfattiva altrui non è semplice. Gli esperti dovranno lavorare ancora parecchio prima di arrivare a un risultato soddisfacente.

Sempre Steve Pearce afferma: "Abbiamo già riprodotto l'odore di bistecca fritta ma l'aroma del metallo bruciato è molto più complicata da mettere a punto. Riteniamo che sia una vibrazione ad alta energia molecolare ed è questo che stiamo cercando di aggiungere alla nostra essenza". Secondo l’esperto alla fine si riuscirà comunque ad avere l’esatta fragranza dello spazio, si dovrà pazientare ancora pochi mesi.

A questo punto gli americani si domandano quale sia l’utilità di tutto ciò. La Nasa giustifica i propri investimenti, o meglio, l’investimento dei soldi dei contribuenti, sostenendo che l’aroma ottenuto verrà usato per addestrare i militari in un ambiente olfattivo molto simile a quello extraterrestre.

Sono fermamente convinto che l’esplorazione spaziale ricopra una notevole importanza nello sviluppo del genere umano, però certe volte le ricerche intraprese dalle varie agenzie mondiali possono apparire a dir poco “originali”.

Luca Macchi

giovedì 9 ottobre 2008

Varese – giovedì 2 ottobre all’università statunitense di Harvard, si è tenuta l’annuale cerimonia dedicata alla scienza più bizzarra, in cui sono stati assegnati gli Ig Nobel: premi che incoronano le ricerche più stravaganti svolte in ambito scientifico.

Gli Ig Nobel, assegnati da 18 anni dalla rivista "Annals of Improbable Research", sono un'istituzione nel mondo scientifico, al punto che i ricercatori sono pronti a pagare di tasca loro pur di poter assistere alla cerimonia, tra applausi, gag e lanci di aeroplanini di carta, che quest’anno è stata tenuta dal vero premio Nobel per la Chimica nel 1976 William Lipscomb.

Ad ognuno dei vincitori è stato concessa la possibilità di parlare per 60 secondi. Un'occasione per ringraziare, ma soprattutto per spiegare cosa ha fatto, come lo ha fatto e soprattutto perché: in effetti a volte quest’ultima domanda sorge spontanea, tenendo conto dell’assurdità di alcune ricerche.

A tenere alta la bandiera dell'Italia, in questa edizione, è stato Massimiliano Zampini dell'Università di Trento, che insieme a Charles Spence di Oxford ha ricevuto l'Ig Nobel per la Nutrizione.
I due hanno modificato elettronicamente il suono prodotto da una patatina fritta per far credere alla persona che la stava mangiando che era più fresca e croccante e, alla fine, sono davvero riusciti ad ingannare chi ha partecipato all'esperimento.

Il premio per la Pace è andato alla Commissione federale d'etica per la biotecnologia nel settore non umano della Svizzera e cittadini svizzeri, per aver adottato il principio legale che le piante hanno una propria dignità.

Il premio per l’Archeologia è stato preso da Astolfo G. Mello Araujo e José Carlos Marcelino dell'Università di San Paolo, Brasile, per aver misurato come il corso della storia, o almeno il posizionamento dei reperti di uno scavo archeologico, può essere modificato dall'azione di un armadillo vivo.

Quello per la Biologia a Marie-Christine Cadiergues, Christel Joubert e Michel Franc dell'Ecole Nationale Veterinaire di Tolosa, Francia, per aver scoperto che le pulci che vivono sui cani possono saltare più in alto di quelle che vivono sui gatti.

Per la Medicina, Dan Ariely della Duke University, Usa, per aver dimostrato che i medicinali placebo dal prezzo elevato sono più efficaci di quelli che costano poco.

Il premio per le Scienze Cognitive a Toshiyuki Nakagaki della Hokkaido University, Giappone, Hiroyasu Yamada di Nagoya, Giappone, Ryo Kobayashi della Hiroshima University, Giappone, Atsushi Tero di Presto JST, Giappone, Akio Ishiguro della Tohoku University, Giappone, e Ágotá Tóth dell'Università di Szeged, Ungheria, per aver scoperto che le muffe che vivono nel fango riescono a trovare il percorso più breve tra due punti all'interno di un labirinto.

Quello per l’Economia, a Geoffrey Miller, Joshua Tybur e Brent Jordan dell'Università del New Mexico, Usa, per aver scoperto che il ciclo ovulatorio di una ballerina di lap dance professionista influisce sulla quantità di mance da lei ricevute.

Per la Fisica, a Dorian Raymer della Ocean Observatories Initiative presso la Scripps Institution of Oceanography, Usa, e Douglas Smith della University of California, San Diego, Usa, per aver provato matematicamente che ammassi di fili, di capelli o praticamente di qualunque altra cosa si aggroviglieranno inevitabilmente formando dei nodi.

Quello per la Chimica è andato a Sharee A. Umpierre dell'Università di Porto Rico, Joseph A. Hill dei Fertility Centers del New England, (Usa) e Deborah J. Anderson della Boston University School of Medicine and Harvard Medical School Usa, per aver scoperto che la Coca-Cola è un efficace spermicida e Chuang-Ye Hong della Taipei Medical University, Taiwan, C. C. Shieh, P. Wu e B. N. Chiang, di Taiwan, per aver scoperto che non lo è.

Ed infine, quello per la Letteratura a David Sims della Cass Business School, London, Uk, per il suo studio "Tu, bastardo: un'esplorazione narrativa dell'esperienza dell'indignazione all'interno delle organizzazioni".

A prima vista, alcune delle ricerche vincitrici probabilmente non cambieranno il mondo. La scoperta che certe muffe riescono a trovare il percorso più breve tra due punti all'interno di un labirinto (Ig Nobel per le Scienze Cognitive) o la dimostrazione matematica che in un ammasso di fili si formano inevitabilmente dei nodi (Ig Nobel per la Fisica) potranno difficilmente condurre alla conquista di un Nobel vero. Sognare, per i trionfatori di questa edizione, è comunque lecito. Perché intanto un riconoscimento è già arrivato. E un premio dà sempre una certa soddisfazione. Eccoli, uno per uno.
Varese - Si è conclusa con una grande palla di fuoco la missione della navetta automatica dell’ESA (Agenzia spaziale europea) Jules Verne; il Veicolo di trasferimento automatico (atv) è esploso nell’impatto con l’atmosfera terrestre come previsto dagli esperti, termina così, dopo cinque mesi, l’avventura della prima navicella completamente automatizzata realizzata dall’Agenzia spaziale europea.

Quando sui monitor del centro di controllo della missione, che si trova in Francia a Tolosa, alle 15:43, è apparsa una macchia bianca e si è capito che la navetta cilindrica, lunga oltre 10 metri e dal diametro di 4,5, era esplosa, ricercatori e tecnici hanno sollevato dei cartelli con la scritta “Bye bue Jules”. Una parte dei frammenti - circa il 20% di essi (il dato esatto arriverà nel fine settimana) - è caduta in una zona disabitata dell'Oceano Pacifico meridionale, tra Cile e Nuova Zelanda, nella quale era stato temporaneamente bloccato il traffici aereo e marittimo.

La missione della navetta Jules Verne ha rappresentato una novità assoluta in campo aerospaziale: il 3 aprile scorso l'Atv ha raggiunto la Stazione Spaziale Internazionale (Iss) e si è agganciata ad essa in modo completamente autonomo; ha portato a bordo 856 chilogrammi di propellente, 21 di ossigeno, 270 di acqua potabile, cibo e materiale scientifico; ma soprattutto ha giocato un ruolo attivo e di primo piano accendendo i suoi razzi per sistemare l'assetto della stazione orbitale. Ha anche salvato l'Iss dall'impatto con il frammento di un vecchio satellite.

La sua zona pressurizzata era così silenziosa che gli astronauti l'hanno scelta spesso per dormire e, infine, la navetta ha liberato la stazione orbitale da un bel po' di spazzatura (fra vecchi strumenti, materiali da imballaggio, copertine termiche e lampade rotte), bruciata con lei al rientro nell'atmosfera.

Un pieno successo per il progetto, costato 1,3 miliardi di euro nei dieci anni di sviluppo e che ha impegnato una squadra di industrie europee guidata dalla Eads Astrium, con la Thales Alenia Space (Thales-Finmeccanica) come principale fornitore.

Per il futuro, direttore dei Voli umani dell' Esa, Simonetta Di Pippo afferma: "con la Columbus l'Atv ha dimostrato la competenza raggiunta dall'Europa nella costruzione, nel lancio e nel controllo delle infrastrutture spaziali e questo fatto aiuterà a definire un quadro complessivo in vista di voli con uomini a bordo verso e dalla Stazione spaziale per le future attività di esplorazione "; una prospettiva alla quale si sta già lavorando attivamente: "Abbiamo un contratto per la realizzazione di altri sei Atv entro il 2013", ha detto il direttore dei programmi e infrastrutture della Thales Alenia Space, Dino Brondolo. "Il primo di questa serie, l'Atv-2 - ha aggiunto Dino Brondolo - si trova a Torino e in primavera sarà trasferito in Germania, a Brema, per l'integrazione finale. A fine 2009 sarà trasferito a Kourou (Guyana francese) per essere lanciato nella prima metà del 2010". E sempre a Torino è in costruzione l'Atv-3.

sabato 27 settembre 2008


Varese 24 sett. – Domenica 28 settembre in 100 paesi del mondo la World Heart Federation ha indetto la Nona Giornata del Cuore; a questo evento ha aderito anche l’Italia grazie alla Fondazione Italiana per il Cuore con la collaborazione della Federazione Italiana di Cardiologia e di Conacuore.

Alla presentazione dell’evento, sono state fornite alcune informazioni, come ad esempio il fatto che ogni 26 secondi un uomo ha qualche disfunzione dovuta al malfunzionamento cardiaco e ogni minuto muore una persona per un “evento coronarico”.

Il Presidente della Società Europea di Cardiologia (ESC), professor Roberto Ferrari, sottolinea: "Il 38% dei sopravvissuti ad un attacco cardiaco perisce nell'arco di un anno. L'ESC lavora a vari livelli per far sì che tutto ciò non avvenga. Negli ultimi 30 anni la vita media della popolazione è aumentata grazie alla medicina, di ben 10 anni. La cardiologia ha contribuito per oltre 6 anni di vita. Un primato, per esempio, rispetto al contributo di 2,4 mesi dell’oncologia. Ne consegue che la cardiologia può fare molto, ma i cittadini debbono collaborare ed aiutare i cardiologi".

I dati esposti alla presentazione della Nona Giornata del Cuore mostrano un quadro della situazione italiana abbastanza preoccupante; una donna su quattro e un uomo su cinque hanno livelli di colesterolo troppo alti (i livelli ottimali sono 115/220 mg/dl) e, nella maggior parte dei casi, non fanno nulla per ridurli. Il 62% degli uomini e il 61% delle donne hanno un livello troppo elevato di colesterolo "cattivo", il famigerato C-LDL. Il 31% delle donne adulte e il 33% degli uomini soffrono di ipertensione arteriosa, spesso non curata. Il 22% delle donne e il 18% degli uomini sono obesi e hanno un indice di massa corporea (IMC), rispettivamente attorno a 26 e a 27 Kg/m2 (i valori normali sono circa 18,5 per le donne e 25 per gli uomini), con una circonferenza-vita media di 85 e 95 cm. Il 6% delle donne e il 9% degli uomini sono diabetici, più di metà dei quali non sottoposti ad alcun trattamento farmacologico. E, tra gli over 65, una donna e un uomo ogni tre sono affetti da sindrome metabolica.

Secondo i medici gran parte degli italiani il più delle volte sono malati e non sanno di esserlo; questo fatto è la causa di un gran numero di problemi medici che, con un po’ di cura e prevenzione in più, potrebbero facilmente essere evitati, basterebbe prendere alla lettera quello che recita lo slogan che accompagna la Giornata "conoscere i numeri giusti fa bene al cuore".

Soltanto in Italia, per una patologia cardio-cerebro-vascolare sono in cura più di 800.000 persone e il 42% delle morti registrate nel nostro paese sono dovute a infarto e ictus, che possono diminuire sensibilmente riducendo l'esposizione ai fattori di rischio.

Secondo Andrea Peracino, Vice Presidente della Fondazione Italiana per il Cuore, entro il 2025, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) prevede un incremento di una volta e mezzo dei casi di infarto miocardico e quasi il raddoppio dei casi di ictus. Oltre a questo, nei casi di infarto, secondo gli studi più recenti, il 90% della responsabilità va attribuita al cattivo controllo dei fattori di rischio, come le dislipidemie (alterazioni della quantità di grassi o lipidi normalmente presenti nel sangue), l'abitudine al fumo, l'ipertensione arteriosa, il sovrappeso e obesità e il diabete, anche lo stress, l'insoddisfazione nel lavoro e nella famiglia e l'inquinamento atmosferico cominciano ad avere un significato tra i fattori di rischio.

Dopo tutte queste brutte notizie. Ce n’è una buona: queste patologie possono essere in buona parte prevenute, è sufficiente che le persone adottino uno stile di vita più accorto e meno esposto a eccessi di ogni genere e soprattutto questo non deve essere imposto, ma sono le persone stesse che si devono attivare per difendere la propria salute, ricordandoci che è una loro responsabilità individuale.

giovedì 18 settembre 2008


Varese 15 sett. - In questi ultimi giorni si è parlato moltissimo, a volte anche a sproposito, dell’esperimento del CERN di Ginevra; le motivazioni di tutto questo clamore sono, oltre che nel catastrofico annuncio, fatto da alcuni “scienziati”, della fine del mondo, da ricercarsi nell’immensa mole di dati (15 petabyte: 1 petabyte, ossia 1 seguito da 15 zeri: in soldoni più o meno la capacità totale di una pila di CD alta più di un chilometro e mezzo) che verrà prodotta dall’altissimo numero di collisioni di particelle, frutto degli esperimenti che si terranno nel tunnel circolare sotterraneo lungo 27 chilometri del Large Hadron Collider (LHC).

La soluzione che permetterà di analizzare tutte queste informazioni è stata trovata all’interno dello stesso CERN, con la creazione di una rete ad hoc, chiamata CERN Worldwide LHC Computing Grid.

Il computer centrale del CERN, Tier-0, fornisce a 11 centri Tier-1, dislocati in tutto il mondo, i dati grezzi, attraverso una serie di cavi a fibra ottica; questi, dopo essere stati rielaborati, vengono inviati ai 20.000 server Tier-2, i quali, essendo collegati tra loro e ai centri Tier-1, permettono ai fisici di lavorare in qualsiasi momento da ogni parte del mondo.

sabato 13 settembre 2008


Varese 9 sett. – Le biotecnologie e in particolare quelle che si avvalgono della genetica hanno fatto immensi passi avanti: dai primi esperimenti del biologo e Premio Nobel tedesco Hans Spemann del 1938, al primo animale clonato, la celeberrima pecora Dolly del 1997, al topo Cumulina dell’anno seguente, fino ad arrivare alla terapia genica e chissà a che altro.

Il massimo esperto britannico in fecondazione artificiale, Robert Winston, ha affermato che in un decennio il problema della scarsità di organi da trapianto potrebbe essere risolto; la sua idea è di alterare geneticamente dei maiali, creando suini ogm con cuori, fegati e reni trapiantabili su esseri umani. Tra qualche mesi ne inizierà la produzione negli Stati Uniti.

Il professor Winston ha spiegato al Sunday Times che la tecnica consiste nell’introduzione di una serie di geni umani nei testicoli o nello sperma dell'animale, il quale a sua volta genererà suini con organi “umanizzati”, che non siano rigettati dai sistemi immunitari dei pazienti. Sempre secondo Il professor Winston questa tecnica escluderebbe la trasmissione di pericolosi virus dall'animale all'uomo.

Per questi esponenti è stato scelto il maiale in quanto esso "ha organi delle dimensioni giuste che funzionano in modo simile a quelli umani; inoltre questo metodo è molto meno complesso di quelli basati sulla Clonazione.

Verso la fine degli Anni Novanta, erano già stati effettuati tentativi di xeno-trapianto (da animale a uomo), ma furono completamente abbandonati a causa dei rischi di rigetto e di contagio e di alcuni casi finiti con la morte del paziente. Ora il professor Winston conta di riportarli d'attualità; l’esperto, infatti, afferma: "Congegni artificiali come i cuori meccanici non hanno mai funzionato bene come quelle biologici. Si è molto parlato recentemente di crescere organi dalle cellule staminali ma questa tecnica è ancora molto primitiva e ci vorranno da venti a trent'anni perché dia frutti".

Il progetto del professore, che è fra l'altro Lord della corona inglese, è stato realizzato con la collaborazione della dottoressa Carol Readhead del California Institute of Techonology. La fase concreta, dopo gli studi teorici, sarà avviata nel Missouri perché gli Stati Uniti offrono più finanziamenti e meno restrizioni legali rispetto alla Gran Bretagna.

Secondo lord Winston molto presto si potrebbe arrivare alla costruzione di intere fattorie dove centinaia di suini geneticamente modificati vengono allevati per lo sviluppo di organi da trapianto da prelevare quando l'animale ha compiuto un anno d'età. Questa prospettiva da qualcuno può essere vista come un abominio, una specie di “fabbrica di Frankenstein”, ma, tenendo conto della penuria di organi da trapianto, questa soluzione non dovrebbe essere scartata a priori, almeno finché non saranno affinate le tecniche che dovrebbero permettere di far crescere organi dalle cellule staminali.
Varese 2 set. – Nel Regno Unito, è stato lanciato un servizio che consente di sentire musica sul proprio cellulare in tempo reale.

Si tratta di una nuova applicazione fornita da Nokia, chiamata “Comes with music”,che sfrutta un grande database musicale per ascoltare gli ultimi successi sul telefonino, creare la propria compilation e offre un anno di accesso illimitato al catalogo del Nokia music store, con la possibilità di memorizzare tutti i brani scaricati.

Il vice presidente executive e responsabile di Nokia entertainment and communities, Tero Ojanper afferma: "Crediamo che Comes With Music trasformerà il modo in cui le persone ascoltano la musica. Grazie all'accesso illimitato per un anno, sarà possibile ascoltare i propri artisti preferiti o esplorare nuovi generi senza dover acquistare singole tracce o interi album".

Carphone Warehouse distribuirà in esclusiva nel Regno Unito il Nokia 5310 XpressMusic in edizione Comes with music con la possibilità di cercare e ascoltare sul cellulare brani musicali a scelta da un ampio catalogo di artisti inglesi e internazionali.

Varese 26 ago. - Un gruppo di ricercatori tedeschi e cechi, coordinato dal’università di Duisburg-Essen in Germania, e pubblicato sulla rivista dell’Accademia Americana delle Scienze, Pnas, svela che anche buoi, mucche, cervi e caprioli sono dotati di un sesto senso magneticoche consente loro di pascolare e riposare con il capo rivolto verso il nord e il sud magnetici della Terra.

Con questa scoperta, per la prima volta, si dimostra che, oltre agli uccelli, testuggini, cavalli, cetacei, molti roditori e una specie di pipistrello, anche questi mammiferi posseggono una forma propria di magnetoricezione.

Già da tempo si era notata una propensione per gli animali delle mandrie ad assumere una posizione omogenea, ma si pensava che fosse collegato a fenomeni atmosferici, come vento e condizioni di luce; ora quest’idea può essere scartata grazie alla grande mole di informazioni raccolte su oltre 11.000 capi di bestiame, esaminati grazie ad immagini satellitari e sul campo in varie condizioni atmosferiche e in aree del mondo molto differenti fra loro, dagli Stati Uniti, all’Australia. In particolare sono stati osservati 8.510 capi di bovini in 308 pascoli, grazie alle immagini disponibili su Google Earth e 2.974 fra cervi e caprioli studiati dal vivo in oltre 225 zone della Repubblica Ceca.

Secondo questi studi, in qualsiasi mandria gli individui che la compongono tendono ad allineare l’asse del corpo verso il nord o il sud magnetico e in base alle linee del campo magnetico terrestre.

Questa scoperta mostra come la magnetoricezione sia molto più diffusa di quanto immaginato e che molti tipi di animali hanno una sorta di “bussola interna”, che gli ermette di orientarsi sfruttando il campo magnetico terrestre; inoltre secondo i ricercatori, ciò apre la strada a studi sui magnetorecettori in generale e sfida i biofisici a spiegare i meccanismi collegati, con un elevato potenziale per l’etologia applicata alla zootecnia e al benessere degli animali.
Varese 23 ago. – Adesso anche le persone affette da ipoacusia possono disporre di un cellulare con il quale comunicare utilizzando il linguaggio dei segni.

Fin’ora i non udenti potevano usare il “telefonino” solo per inviare SMS, oggi, grazie a un software implementato dall’équipe di Eve Riskin, ingegnere dell'università di Washington, anche chi ha problemi di udito può normalmente telefonare utilizzando il linguaggio a lui più familiare.

In questi ultimi anni, soprattutto grazie alla crescita esponenziale dell’informatica, sono stati fatti enormi passi in avanti per cercare di ovviare ai problemi incontrati dai disabili, ivi anche quelli acustici; adesso la meta da raggiungere è quella di migliorare sempre di più la vita di chi è meno fortunato.

Varese 14 ago. - La sonda spaziale Cassini, nata dalla collaborazione tra Agenzia Spaziale Europea (ESA), Ente spaziale americano (NASA) e Agenzia Spaziale Italiano(ASI), ha inviato sulla Terra le immagini ravvicinate di una delle lune di Saturno Encelado.

Si tratta di fotogrammi scattati da una distanza di soli 50 km; si può distinguere una superficie rocciosa, Punteggiata da geyser e solcata da profondi canyon.

Grazie alla distanza così ravvicinata, sarà possibile stabilire se all'origine dei getti geotermali di Encelado ci sia acqua allo stato liquido.

Varese 6 ago. – La sonda della NASA Phoenix ha rintracciato su Marte tracce di perclorato, una sostanze tossica, potenzialmente in contrasto con la presenza di forme di vita. Se la presenza della sostanza fosse confermata, ciò potrebbe significare che il suolo marziano non è accogliente come si pensava in un primo momento.

Gli esperti della NASA avevano ipotizzato che il suolo sul quale il maggio scorso si è posata la sonda fosse molto simile a quello terrestre, mostrando la presenza di nutrienti quali magnesio, sodio e cloruro, prospettando scenari pressoché fantascientifici come la creazione di coltivazioni di piante quali asparagi, fagiolini e rape; purtroppo però delle ultime analisi di laboratorio si evince la presenza di perclorato, un ossidante ostile alla vita.

Sulla Terra, il perclorato è un contaminante naturale o sintetico, ingrediente principale del carburante per razzi e può essere trovato in petardi, fuochi artificiali e altri esplosivi.

La Nasa sta ora cercando di capire se la sostanza possa essere arrivata lì attraverso una contaminazione provocata da Phoenix o da missioni precedenti.
Varese 30 lug. – Un’azienda della periferia di Tokio ha avviato un’iniziativa sperimentale in cui raccoglie il cibo invenduto di circa 25 tra supermercati e negozi alimentari e ne ricava un mangime liquido con cui alleva i suini, contribuendo al riciclaggio della merce.

In questa maniera, oltre a smaltire materiale di scarto, questi maiali ricoprono un ruolo molto importante per l’ambiente, in quanto concorrono all'abbattimento delle emissioni in atmosfera di anidride carbonica, consumando prodotti altrimenti destinati all'incenerimento.

Varese 23 lug. - L’Enel (Ente Nazionale Energia eLettrica), in collaborazione con la Moncada Costruzioni di Agrigento, ha annunciato che intende realizzare un impianto per la produzione di energia eolica tra i comuni di Licata, Butera e Gela, il primo campo off-shore, ossia realizzato in mare, del bacino del Mediterraneo.

Il progetto, avente un costo di oltre mezzo miliardo di euro, secondo gli esperti dell’Enel, dovrebbe sorgere ad una distanza minima di 3 miglia dalla costa, e sarà dotato di torri alte oltre 100 metri, con una potenza compresa tra i 3 e i 5 Megawatt, che a regime produrrà energia elettrica per 1.150 milioni di chilowattora, sufficiente a soddisfare il fabbisogno di 400 mila famiglie e soprattutto evitando emissioni di Anidride carbonica in atmosferica per oltre 800 mila tonnellate annue.
La proposta avanzata dall’Enel potrebbe rappresentare una buona soluzione per cercare di risolvere i problemi ambientali. Paradossalmente questa quest’annuncio ha determinato l'opposizione di Gela, capitale della petrolchimica italiana; il primo cittadino, Rosario Crocetta, sostiene di essere pronto a "dar luogo a una crociata pur di impedire la costruzione dell’impianto" e aggiunge: "Non siamo contrari in sé all’eolico, ma siamo contrari a realizzare questo impianto in una zona già fortemente compromessa sotto il profilo ambientale. Non possiamo essere una città condannata per l’eternità".

L’Ente nazionale energia elettrica intanto prosegue per la sua strada. Il progetto è stato già sottoposto al ministero dell’Ambiente con la richiesta di valutazione dei relativi rischi. Insomma, la questione sul nuovo impianto eolico rischia di dare il via a una lunga e interminabile serie di discussioni. A questo punto non ci resta che prepararci ad un’estenuante “telenovela”.

Varese 14 lug. – I 439 reattori nucleari esistenti nel mondo potrebbero rimanere senza combustibile nel giro di poche decine di anni.

Nell'ultimo rapporto Ianea-Nea, citato durante una conferenza stampa, gli esperti di Greenpeace ammoniscono che le risorse “ragionevolmente sicure” di Uranio risultano essere quantificabili in 3,3 milioni di tonnellate, mentre il consumo attuale di Uranio è di quasi 70 mila tonnellate, quindi, agli attuali livelli di consumo, le risorse basteranno, al massimo, per 70 anni.

Ciò nonostante, in Gran Bretagna il primo ministro Gordon Brown crede decisamente nell’apporto dell’energia nucleare e quindi pensa di impiantare altre otto centrali entro 15 anni al massimo, in modo di poter affrontare le trasformazioni epocali che condurranno a “un’economia post-petrolifera”.

Il prezzo del petrolio sale costantemente e i giacimenti sono sempre meno, quindi per il futuro è indispensabile trovare delle fonti alternative di energia, che si tratti di nucleare, di eolico, di fotovoltaico o qualsiasi altro procedimento poco importa, basta che siano in grado di soddisfare il fabbisogno mondiale in maniera sicura e pulita.

Varese 8 lug. 2008 - Uno dei peggiori effetti collaterali delle terapie antitumorali è rappresentato dal fatto che le molecole individuate per contrastare la neoplasia spesso agiscono anche sulle cellule sane che si trovavano nelle vicinanze del tumore, indebolendole; questo problema potrebbe essere scongiurato in un futuro non molto lontano.

È stata sperimentata sui topi una strategia “intelligente” in grado di riconoscere le metastasi tumorali e colpirle selettivamente con un farmaco specific.

Il meccanismo si basa su nano particelle lipidiche (piccoli agglomerati di grasso) delle dimensioni di 100 nanometri (nm), ossia 100 milionesimi di millimetro alle quali è stato attaccato un farmaco antitumorale, la doxorubicina cloridrato: un agente chemioterapico usato per il trattamento di alcune forme tumorali. Le nanoparticelle riconoscono una proteina presente sulla superficie cellulare delle metastasi, rilasciando il medicinale solo nelle cellule neoplastiche, evitando gli effetti tossici collaterali.
Varese 4 lug. 2008 - È passato un solo giorno dall’anticipazione del Sole 24 Ore sui piani tariffari di Tim e Vodafone, che il popolo dei blogger italiani si scatena in una ridda di commenti, non sempre positivi; questo fatto, che di per sé apparentemente non ha una grande importanza, può essere indice di quello che pensa una certa fetta di naviganti.

Sulle offerte dei due operatori telefonici le opinioni si moltiplicano, come ad esempio quella di Ettore che, sul Sole24ore.com scrive: «Secondo me questi prezzi non rispettano per niente le indicazioni fornite da Steve Jobs durante la presentazione in America», gli fa eco OcchioDayan sul sito del Corriere della Sera che afferma: «Si tratta di tariffe insultanti e fittizie, e Tim offre una "unlimited" che di unlimited non ha nulla: 1.500 sms che nessuno userà mai e una quantità insufficiente di dati. A me non sembra accettabile».

Eidan78 su melablog.it scrive «Vodafone dà 600 Mb? ci guardo due video su Youtube e ho finito, capirai...». L'utente Scarpa su Macity.it asserisce: «Devo ammettere che non è bello vedersi sfumare davanti agli occhi la possibilità di avere l'iPhone, ma passato lo shock iniziale posso ragionare a mente più serena e dire: mi sembrano proprio strane queste tariffe...».

C’è anche chi, messa da parte la delusione, passa al contrattacco, come Domenico su Appletribu.com, il quale sostiene: «Io comprerò il modello da 569 euro (quello da 16 Gigabyte che permette di inserire la propria carta ricaricabile, ndr) e, se mi sarà possibile, attiverò la Web Facile Recharge di Tim: 500 mega al mese, senza costi e limiti: più che sufficiente per un utilizzo davvero "smodato" dell'iPhone... del resto io la uso già da un anno con il mio iPhone Edge e va benissimo!».

Ma tra tante voci negative ve ne sono anche alcune positive come quella di Andy che, ancora sul Sole24ore.com, dice: «Non capisco davvero tutto questo accanimento sui prezzi dell'iPhone che leggo in giro per la Rete... è chiaro che metà del costo è tutto brand e marketing del mitico Steve Jobs. E poi, siamo sinceri: se le tariffe sono alte, così come il prezzo del telefonino, tutto è ancora più esclusivo. Un po' come succede per le auto...».

Anche se Wind tace, c'è scontento da parte di Tre Italia, l'operatore controllato dal gruppo Hutchinson Whampoa, che sta battagliando per dare l'iPhone anche ai suoi abbonati, con dalla sua parte il Movimento Difesa del Cittadino, l'associazione di consumatori che ha mandato una lettera all'Antitrust per chiedere una verifica sull'eventuale «sussistenza di condotte anticoncorrenziali».

Varese, 21 giu. - Un progetto intrapreso dall’Università degli Studi di Milano e Levissima mira a preservare i ghiacciai del Globo dai raggi solari e quindi dall’ablazione, cioè il processo di fusione della neve, ricoprendoli con degli speciali tessuti artificiali, impedendone così l’arretramento.

Sul ghiaccio Dosdè orientale è stato posto uno strato di geotessile, un «non tessuto» composito a due strati in grado di intrappolare i raggi UV impedendo a questi ultimi di raggiungere la neve sottostante; a fine settembre il telo verrà rimosso dalla superficie del ghiacciaio e sarà ricollocato l’anno prossimo su un’altra area.

Venerdì, durante il convegno scientifico organizzato dall’Università degli Studi di Milano, dal Comitato Glaciologico Italiano e promosso da Levissima, il professor Claudio Smiraglia, presidente del Comitato Glaciologico Italiano, e la dottoressa Guglielmina Diolaiuti, componente dello stesso, hanno esposto in tutte le sue sfaccettature questo progetto .

«Le ricerche scientifiche - ha detto Claudio Smiraglia - hanno dimostrato che se un ghiacciaio è coperto da uno spessore di detrito superficiale superiore ai 30 cm, come nei ghiacciai hymalaiani, può efficacemente ridurre l’ablazione anche del 70%. Sulla scorta di questi studi sono nate queste ricerche che tentano di riprodurre artificialmente quanto in natura avviene spontaneamente».

Se la strategia del professor Claudio Smiraglia si rivelasse positiva, ciò rappresenterebbe un’utile arma contro il riscaldamento globale, ma rimarrebbe comunque molta strada da percorrere per “risanare” il nostro meraviglioso pianeta.

Varese, 18 giu. – Durante il 2007, in Italia gli episodi di giornalismo partecipativo o open source journalism (una forma di giornalismo che vede la partecipazione attiva dei lettori, grazie alla natura interattiva dei nuovi media e alla possibilità di collaborazione tra moltitudini offerta da internet) bloccati con l'arresto e la galera hanno fatto registrare un’impennata abbastanza preoccupante; permettendo al nostro paese di raggiungere stati come Egitto, Iran e Cina nel rapporto World Information Access Report sullo "stato di salute" dei blogger esposti ai regimi illiberali.

Secondo World Information Access Report, rapport o stilato dall’Università di Washington, nel mondo il numero degli arrestati di blogger rispetto al 2006 è triplicato e circa la metà di queste detenzioni si sono verificate in Egitto, Iran e Cina, anche se i numeri reali potrebbero essere molto più grandi.

Le cause che provocano la reazione della censura sono state identificate in sei categorie differenti: violazione delle norme culturali, protesta sociale, critiche ai comportamenti pubblici, blogging riguardo importanti figure politiche, denuncia della corruzione e della violazione dei diritti umani e una non meglio precisata categoria "altri motivi".

Italia a parte, anche nel mondo occidentale, come ad esempio Canada, Stati Uniti, Francia e Regno Unito, i blogger possono incorrere in guai giudiziari, anche se qui le motivazioni degli atti di censura sono diverse: ad esempio pedofilia e atti minatori.

Per quanto la situazione appaia in netto peggioramento e il micro-publishing in Rete continui a essere considerato una “spina nel fianco delle lobby e del delle grandi multinazionali, vanno citati anche i casi in cui proprio grazie alla intervento dei blog le persone sono state portate fuori dalla galera, come è ad esempio successo all’egiziano James Karl Buck, che arrestato per una manifestazione, ha reso noto sul suo sito l’accaduto e nel giro di ventiquattr’ore era fuori di prigione.
Varese, 5 giu. - A Varese si sta svolgendo un progetto di ricerca italo-uruguaiano con lo scopo di individuare nuovi farmaci capaci di ridurre i danni provocati dall'ictus: si tratta di una joint venture tra la sezione di Farmacologia del Dipartimento di Medicina clinica dell'Università dell'Insubria e l'Istituto di ricerche biologiche di Montevideo.

Lo studio mira ad analizzare le proprietà di una pianta che cresce comunemente in certi paesi latino-americani, chiamata dalle popolazioni locali Marcela (nome scientifico Achyroclines satureioides); questa pianta da tempi immemorabili viene utilizzata dagli indigeni per curare disturbi gastroenterici, infiammatori e del sistema nervoso.

L'attenzione dell'asse Italia-Uruguay è concentrata in particolare sugli aspetti antinfiammatori. L'ipotesi sostenuta dal professor Marco Cosentino, docente di Farmacologia e responsabile della sezione di Farmacologia dell'Università dell'Insubria, e dalla ricercatrice uruguaiana Felicia Rivera appartenente al gruppo del professor Federico Dajas, direttore dell'Istituto di ricerche biologiche di Montevideo, è quella di isolare sostanze in grado di porre un freno ai danni causati dall'insorgere di un ictus.

Il progresso scientifico avanza a ritmi vertiginosi, ogni giorno si individuano strategie potenzialmente capaci di risolvere alcune delle "piaghe dell'umanità "; se veramente venissero scoperte nuove armi contro una patologia terribile come l'ictus cerebrale, o quanto meno in grado di ridurne gli effetti, di certo non si risolverebbero tutto d'un tratto i problemi del mondo, ma comunque ciò rappresenterebbe un passo importante verso il miglioramento della vita.